Ritorna l'appuntamento con le brioscine appena sfornate di The Breakfast Jumpers. Questa settimana è la volta di una duo di Irpinia che ha recentemente pubblicato un nuovo lavoro per l'etichetta lituana Strikeback Records. Stiamo parlando di Oscar e Pietro, insieme Lies, alla seconda uscita a distanza di un anno, dopo Best of What. Escaping Colours è uno di quei dischi che si ascoltano tutto d'un fiato e che difficilmente lasciano indifferenti. Una cornucopia trascinante di sperimentazioni elettroniche e di beat dal sapore futurista, che pone in risalto le qualità dei ragazzi, annoverandoli tra le band che tengono alta la bandiera di un genere che di fatto in Italia scarseggia. Assolutamente da tenere sott'occhio! Buona lettura!
Voi due vi conoscete da un sacco di tempo, oltre dieci anni, da quando militavate nelle stesse band punk hardcore. Ad un certo punto però le vostre strade si sono divise, nonostante alla base ci fossero gli stessi interessi musicali; ma ogni fine, si sa, ha un nuovo inizio. Il vostro per l’esattezza fu Hard To Pronunce. Una nuova formazione a tre, precorritrice di quello che siete ora a tutti gli effetti ( se non per la sottrazione di un terzo componente, Frankie ). Cosa è cambiato da allora? Com'è stato il passaggio tra un genere lancinante come il punk ad uno più progettuale come l’elettronica? In particolare, si è evoluto il vostro concetto di intendere la musica?
È cambiato tanto, nel senso che siamo persone diverse, con una visione della musica assolutamente differente. Ciò che abbiamo ascoltato è ancora profondamente parte di noi ma, come accade a molti, ci siamo evoluti si musicalmente che a livello umano. Siamo cresciuti, cambiati e con noi il nostro modo di intendere la musica. Personalmente credo che con l’elettronica ed l’hardcore o il punk, ci sia un ragionare in maniera estremamente quadrata senza troppi fronzoli. Comunque sia il progetto HardtoPronounce, nato da me e Frankie, aveva un’ impostazione diversa da ciò che ora facciamo io e Piero con Lies. Siamo più precisi, cerchiamo di suonare quanto più “puliti” e ricercati possibili, mentre prima tutto era diverso, fatto meno con la testa e più di pancia. Ci piaceva un campione e lo usavamo, così nasceva di solito un pezzo di HTP; ora siamo attenti a creare i nostri suoni in maniera personale.
Vi eravate prefissati degli obiettivi specifici quando avete iniziato a lavorare alla composizione del nuovo lavoro? A distanza di qualche mese, siete soddisfatti di come l’Ep sia venuto fuori? Il risultato finale assomiglia a ciò che avevate in mente fin dall'inizio?
Ma in realtà no. Alcune tracce dell’ep erano già state pubblicate sul nostro soundcloud per l’ascolto. Quando Alex di Strikeback recordings si è detto interessato ad alcuni brani, abbiamo ripreso quelle tracce, le abbiamo raffinate ed infine mandate alla label che ha apprezzato il lavoro. Il risultato finale ci ha lasciati estremamente soddisfatti, forse addirittura più di quanto pensavamo.
Il videoclip di Escape I/S/M, curato dal collettivo romano Kanaka project, ha anticipato l’uscita dell’Ep. Un folle ammasso di cellule poliedriche, in una regolare e costante dinamica di movimento, che danno la stura ad una creativa orgia di suoni e figure; peraltro elementi dell’artwork che ritroviamo sulla copertina di Escaping Colours. A tal proposito, come vivete il rapporto tra musica e immagini? E quanto è importante secondo voi, l’aspetto visivo di un progetto musicale?
Secondo me il rapporto suono immagine è assolutamente fondamentale. Con il passare degli anni la musica si è legata indissolubilmente all’aspetto visivo e pensare oggi ad un brano che non abbia almeno un’immagine, un logo o un video di riferimento è impensabile. Fortunatamente per noi i ragazzi Kanaka sono dei grandi amici, con alcuni siamo cresciuti insieme e abbiamo colto l’occasione per collaborare in maniera definitiva. C’è sembrato naturale far gestire a loro anche l’artwork del lavoro, abbiamo ottenuto così qualcosa di assolutamente omogeneo. C’è capitato un paio di volte di suonare dal vivo con Gianluca ed Andrea dei Kanaka ai visual; credo che il loro lavoro completi perfettamente il nostro e quando riusciamo a fare qualcosa insieme si crea un momento unico e che è somma perfetta delle nostre esperienze. L’ aspetto visivo è per noi fondamentale, soprattutto se riusciamo a curarlo insieme a qualcuno che stimiamo veramente. Gestiamo anche un profilo tumblr in cui cerchiamo di creare un immaginario che secondo noi è affine a quello che rappresenta per noi il progetto Lies.
Nell’Ep sono presenti diversi remix, tre per l’esattezza, piacevoli riletture di brani che vedono arricchirsi il già cospicuo profilo sonoro. Perché avete scelto di introdurre dei remix e quali sono i criteri di selezione che usate nella preferenza di un remixer piuttosto che un altro? Quale caratteristica, che si discosta dal brano originale, deve avere un remix per conquistarvi? Potreste a tal proposito, dirci qualcosa sugli artisti che hanno collaborato alla nascita di tali rivisitazioni?
I remixer li scegliamo principalmente in base alle loro produzioni ma non è secondario l’aspetto umano. HellomynameisRa, OliSlack e SpinOff sono nostri amici oltre che ottimi producer; è bello collaborare con qualcuno che stimi e di cui ti fidi in maniera assoluta. Con Paolo (SpinOff) poi ci siamo trovati a vivere nella stessa città, siamo diventati grandi amici, tanto da decidere di cominciare assieme un programma radiofonico che si chiama Novelty Island. Sono tre producer veramente diversi tra loro, tutti così unici e dal sound personale che capisci perfettamente chi stai ascoltando ogni volta che spingi il tasto play. Ra è un mostro del beatmaking e direi che è la prossima realtà pronta ad esplodere nel panorama italiano; Oli è un romantico, uno che punta a suscitare emozioni forti ed intense ad ogni ascolto; Paolo invece, è a mio avviso un virtuoso, uno ragazzo dal talento enorme.
Capita spesso che band italiane pubblichino il proprio lavoro per una label straniera, come è accaduto nel vostro caso. In che modo siete entrati in contatto con la vostra etichetta, la lituana StrikeBack Records? La scelta di affidarsi ad una label straniera rappresenta il tentativo di promuoversi anche oltre confine? C’è stata qualche realtà italiana che nel frattempo si è interessata al vostro progetto?
Con la StrikeBack eravamo in contatto già ai tempi di HardtoPronounce, quando Alex, owner della label spingeva il suo progetto Makdett. Quando poi ho proposto le tracce di Lies però, era passato del tempo e quasi avevamo difficoltà a ricordarci uno dell’altro. Certo il fatto che Escaping Colours sia uscito per loro ci ha dato la possibilità di arrivare anche ad un pubblico diverso, vario e più ampio. In Italia alcune label hanno mostrato interesse, in particolare Luca Fontaneto di Safesexx che ha anche scelto un nostro brano per la sua compilation “Right Now”, abbiamo delle tracce nuove da concludere e vorremmo tornare in Italia, a casa nostra per il prossimo lavoro.
Chi ha avuto l’idea di chiamare la band Lies? Da dove è nata l’ispirazione?
L’idea è venuta a me (Oscar) ed è difficile dire come mai. Mi piaceva il suono del nome, breve chiaro e coinciso; inoltre c’è il fatto che quotidianamente qualcuno di noi mente in qualche misura, quindi si tratta di qualcosa con cui abbiamo a che fare ogni giorno. Con questo non voglio dire che dico cavolate tutti i giorni, semplicemente delle volte risulta un fatto necessario. Non ho avuto un’ illuminazione particolare, mi piaceva come suonava e ho scelto di chiamare così il progetto.
Avete parlato di Escaping Colours come di un lavoro tecnicamente personale. Vige infatti la percezione di un suono maggiormente presente e definito. Ciò potrebbe dipendere anche dal fatto che si tratti di un disco più ricco di strumenti e suoni “suonati” e meno parti campionate? Una produzione quindi meno legata al discorso sampling e incentrata sull’equilibrio nel mescolare campionature e musica “vera”. Siete d’accordo con la mia affermazione?
Assolutamente si. Questo lavoro è nostro in senso assoluto; il sampling c’è sempre, alcuni suoni li abbiamo campionati lo stesso ma intervengono in maniera meno decisiva nella formazione dei brani, che sono invece frutto di nostri interventi e scelte precise sia per quanto riguarda i synth e le atmosfere che per quanto riguarda le basi. Di Escaping stiamo pensando di stamparne qualche copia, proprio perché sentiamo che ciò che è venuto fuori ci appartiene e rispecchia molto ciò che volevamo ottenere.
Cos'è che vi da la spinta per scrivere un brano? E qual è, a vostro avviso, l’ingrediente fondamentale nella stesura di un nuovo pezzo?
Personalmente comincio dei brani quando sento di essere abbastanza calmo e rilassato. Escaping Colours ad esempio è formato da due brani che ho composto di notte, dopo essere tornato a casa leggermente alticcio e senza troppe ansie. Direi che anche per Piero è lo stesso, soltanto che cambia l’agente che interviene sui suoi recettori. Una cosa che assolutamente non può mancare in un brano è un briciolo di melodia, seppur minima deve esserci. Sembrerà assurdo per due che da ragazzini suonavano cover di Refused o At the drive-in, brani in cui forse la melodia non era la componente principale, ma è la verità. Lentamente stiamo cominciando a ragionare anche in maniera differente per quanto riguarda l’approccio ai brani, ma di base cerchiamo sempre di creare qualcosa che possa rimanere in testa ed essere ascoltabile in ogni momento.
Ultimissima domanda: cosa state ascoltando in questo momento?
Eh un bel po’ di cose. Sembrano essersi messi d’accordo tutti per far uscire dei gran dischi in questi ultimi mesi. Comunque sia: Mount Kimbie, Cosmo, More Light dei Primal Scream, Majical Cloudz, Fine Before You Came, Disclosure, Deerhunter, Millelemmi, Vampire Weekend, il nuovo Boards of Canada, Savages, Gazebo Penguins, Sampleecious di A Tribe Called Quest, Letherette e devo ancora ascoltare il nuovo dei The National. Infine il caro Gianluigi mi ha consigliato l’ascolto di “Continente Nero” di Piero Umiliani e devo dire che mai consiglio fu più gradito.
►
Recensione ▲
FB ▼
TW ◄
►
Soundcloud ▲
Tumblr ▼
Kanakaproject ◄