Lo scorso 17 Febbraio è uscito il nuovo album dei pistoiesi Werner, visto che la band mi continua a regalare meravigliose sorprese sia su disco che live non ho potuto rimandare oltre un piccolo tête-à-tête nel nostro cucinino. Qui sotto ci siamo fatti raccontare origini ed evoluzioni della famiglia Werner. Buona lettura.
Cominciamo con la presentazione del gruppo (ma movimentiamo le cose): ciascuno introduca gli altri due. Come vi siete conosciuti?
Stefano: Diciamo che Carlo Venturini (Ka Mate Ka Ora, White Birch Records) è stata la persona che ha contribuito alla nascita dei Werner. Essendo Carlo il maestro di tennis di Elettra quando mi ha parlanto di quel suo corso con allievi così strambi io mi sono incuriosito e sono andato a vedere. Tra questi c'era anche Elettra con quel suo diritto che tutt'oggi è da rivedere e lavorarci su. L'anno seguente sono diventato io il suo maestro di tennis ed è stata l'occasione per condividere le nostre idee musicali e da lì il passo è stato breve; avevo dei brani nuovi che non "suonavano Ka Mate" e decisi di provare a ri-arrangiarli con lei al piano. Tutti e due concordi che con un violoncello sarebbe stata la ciliegina sulla torta provammo a chiedere a Alessia se era interessata al nostro progetto e lei per fortuna nostra rispose subito di sì! L'intesa nel suonare insieme si creò subito grazie all'apertura mentale/musicale di Alessia nel suonare questo tipo di strumento.
Elettra: Ho conosciuto Stefano tramite suo fratello Carlo che era il mio maestro di tennis! Mi ha parlato dei Ka Mate Ka Ora e pian piano è nata la voglia con Stefano di fare qualcosa di diverso insieme dato che anche io ho un progetto parallelo di musica classica... Alessia invece l'abbiamo cercata appositamente per il progetto Werner, scoperta per caso ed è stata la scoperta del secolo, almeno per noi!
Alessia: E' successo tutto lentamente e in un modo abbastanza strano. Sono stata contattata da Stefano che conoscevo solo di vista e un po' grazie a qualche concerto dei Ka Mate Ka Ora. Mi spiegò il progetto ed io non ci pensai molto, dissi subito di sì. Gli eventi hanno cercato di remarci contro. Dovetti rimandare più volte il nostro incontro, addirittura per un incidente stradale (Ebbene sì, un vecchietto mi mise sotto sulle strisce!) ma alla fine ce l'abbiamo fatta. Siamo entrati subito in sintonia, Elettra e Stefano avevano già gran parte dei pezzi ma mi hanno accolta e inserita come se fossi sempre stata li. Sin dalla prima prova nel salotto di Elettra sapevo di aver trovato finalmente le persone giuste e ne sono ancora pienamente convinta.
Il sound dei Werner. Partiamo dal vostro primo lavoro Oil Tries to be Water. Ho letto un paio di recensioni che vi intimavano ad "osare" di più. Voi credete di esservi trattenuti? L'idea iniziale che ruota attorno al vostro sound da dove viene? Cosa volevate trasmettere?
Stefano: Il nostro primo progetto nasce con idee chiarissime, volevamo comporre musica per una formazione come la nostra, un pianoforte, una chitarra e un violoncello, crediamo di esserci riusciti al primo colpo! Il secondo disco prevede la stessa identica formazione ma qui, abbiamo usato di più, nel senso che usiamo, non osiamo, più strumenti... Armoniche e percussioni e "usiamo" anche altri musicisti: Lorenzo Cappelli, Chiara Remorini e Mirko Maddaleno per esempio! Il discorso dell'osare di più andrebbe chiesto a chi ha pensato questa cosa, noi non ne capiamo il senso (detto con assoluta tranquillità :).
In che maniera è diverso Down Below on Your Own? C'è un filo conduttore legato alla dedica del disco? Le canzoni convergono su un'unica narrativa?
Stefano: La dedica per Lara è la dedica che spontaneamente ci è venuta, non potevamo farne un'altra ma non è il filo conduttore del disco, c'è un pezzo che porta il suo nome e la sua presenza ci ha accompagnati durante la nascita di questo disco, la sua presenza era tangibile perché il violoncello che suona Alessia era il suo. L'immagine è il filo conduttore che lega con Oil Tries to be Water, cerchiamo di cantare, suonare, respirare immagini, siamo immaginifici.
Mi sembra che le collaborazioni più che necessarie siano una maniera per condividere il progetto con persone a voi legate, quanto si allarga la famiglia Werner nella produzione di un disco?
Stefano: "Condividere " è un verbo bellissimo, condividere cose belle come la nascita e la lavorazione di un disco è altrettanto bello, fortunatamente tra i musicisti, c'è ancora chi la pensa come noi e quando abbiamo chiesto , tutti hanno risposto sì, con l'entusiasmo che contraddistingue chi la musica la fa perché la ama da chi la fa per chissà quale assurdo motivo... Nei live cerchiamo sempre di condividere i nostri brani con chi ci ha partecipato o chi comunque ci ha aiutato nella sua realizzazione. Werner è una famiglia che si sta allargando; per esempio nel nostro ultimo live alla batteria ci ha accompagnato Ilaria Castellano, nonchè sorella batterista di Alessia!!
Questa, credo, è solo per Alessia, a.k.a. Cuor di Cane. C'è infinita cura nei disegni e nelle edizioni speciali, come si intrecciano musica, artwork e packaging?
Alessia: E' un intreccio spontaneo. Le idee per gli artwork e le edizioni limitate derivano da un profondo ascolto della musica e sopratutto delle diverse idee che abbiamo all'interno del gruppo. Cerco sempre di trovare un filo conduttore tra musica e immagine, che leghi le diverse suggestioni che io, Stefano ed Elettra, abbiamo incontrato prima e durante la lavorazione del disco. Il tutto si conclude con le edizioni limitate realizzate a mano. Sono il modo più bello per rendere realmente vivo e unico il nostro lavoro.
Cuoredicane si è occupata anche delle ultime release della White Birch Records, anche per il futuro c'è in progetto di legare il sound che voi seguite come etichetta ad un certo stile di disegni ed immagini?
Carlo: Cuore Di Cane si è occupata di quasi tutte le grafiche delle nostre produzioni che, a dire il vero, non sono molte e in futuro saranno forse ancora meno. Piuttosto che fare tanto per fare preferiamo non fare. L’idea di avere un’estetica che accomuni i progetti supportati da White Birch è un elemento che riteniamo importantissimo; è qualcosa che attiene all'identità del progetto White Birch e se si perde l’identità si è persi. Allo stesso tempo credo anche che nessuno possa permettersi di imporre nulla alle band, che hanno il diritto e il dovere di far emergere la propria visione con tutti i mezzi disponibili. Quindi, da parte nostra non ci sarà nessun vincolo, continuerà come è stato fino ad adesso: chi sarà convinto del lavoro di Cuore Di Cane potrà “approfittarne”, chi non si sentirà rappresentato sceglierà altro. E ci mancherebbe altro, mi viene da aggiungere!