lunedì 11 giugno 2012

Brioscine appena sfornate: Alessio Lega

Più che una Brioscina, questa breve intervista ad Alessio Lega è un buon espresso, corto e intenso. A otto anni dal debutto discografico Resistenza e amore, che stamattina riproponiamo in ascolto, il "violento pacifista" ci regala uno scambio di riflessioni sul suo rapporto appassionato e a tratti conflittuale con il mondo della musica.

Alessio, partiamo dal tuo presente. A quali progetti ti stai dedicando nell'ultimo periodo?
Continuo ad essere un coltivatore diretto di piante verbali e un camminatore di palcoscenici. Esce questo mese [e nel frattempo è stato pubblicato, NdR] un mio libro scritto con Ascanio Celestini Incrocio di sguardi e sto mixando il disco Mala Testa, che potrebbe uscire a luglio o forse a settembre.


Resistenza e amore, il tuo album del 2004, è definito nel libretto nella sua qualità di «rivolta contro le forme prestabilite». L'impressione che ho di te però, più che di un resistente, un eroe che si oppone a oltranza e si immola, è quella di un resiliente, una specie di Galileo o un Ulisse che si flette e fa tesoro delle condizioni avverse senza spezzarsi. Tu stesso dici che la rivoluzione arriverà in bicicletta, piuttosto che su una locomotiva che si schianta.
A parte le convinzioni più intime fondanti - l’amore per la libertà e la musica - molte cose si spezzano di continuo dentro di me, a partire dal cuore.
Andare in bicicletta a Milano è assai più rischioso (e forse rivoluzionario) che andare con qualsiasi altro mezzo… altro che schianto della locomotiva: due mesi fa, sotto casa mia, hanno schiantato in bici fra macchina e tram un ragazzino di 11 anni… la rivoluzione delle biciclette non può essere opzionale, è questione di vita contro la morte.

Nel 2004 spiegavi come il tuo album d'esordio fosse venuto alla luce dopo anni di concerti, al termine dei quali eri assillato da un sacco di gente che ti chiedeva quando avresti pubblicato un disco, «come dire che chi non si trasforma in un prodotto non lo si può prendere troppo sul serio!». Più in là però sono arrivati anche Sotto il pavé la spiaggia (2006) e Zollette (2007). Cos'è successo dopo Resistenza e amore? Aver fatto altri dischi è stato un compromesso? Ti senti ''prodotto'', o sei a tuo agio quando stringi in mano i frutti della sala d'incisione?
Passando dal live al disco ho vissuto quel travaglio che si vive quando si passa dall’oralità alla scrittura: prima hai solo un pubblico vivo, che può controbattere immediatamente, e poi tutto s’allontana. Ma fare dischi è un lavoro enorme e appassionante, per certi versi è un lavoro che agisce sulla composizione stessa dei brani: i rapporti fra i suoni, fra le parole, fra i timbri e i significati. L’orchestrazione. Ci si appassiona e lo sappiamo che la passione è la più perfida delle droghe, dà assuefazione. Oggi penso ovviamente che fare dischi sia del tutto inutile: è un prodotto completamente superato e anacronistico. Dovendoli fare, però, è più che mai necessario provare a farli bene… anzi, provare a farli unici.

Parliamo ancora di Resistenza e amore. La canzone d'autore è stata definita da alcuni come quella che, a grosse linee, funziona di per sé con l'accompagnamento del singolo strumento con cui è stata partorita. Il tuo album però è stato prodotto insieme ai Mariposa, che hanno un approccio tutt'altro che minimalista negli arrangiamenti (e tu stesso metti il punto interrogativo davanti a una definizione assoluta della tua personale forma espressiva - «Alessio lega: cantapoeta, cantastorie... cantautore?»). Mi racconti il vostro incontro musicale?
Fra le moltissime cose che mi uniscono a Paolo Talanca, di sicuro non c’è questa percezione dell’indipendenza della canzone d’autore dal suo arrangiamento… e poi che vuol dire? Dipende anche da come lo si suona questo strumento, con quale intenzione: un intero concerto reso da Neil Young voce e chitarra, pesa meno di un arrangiamento sbavato e ridondante. Ma non sta qui la differenza: la radicalità e l’astrattezza di Neil Young sta tanto nel suo lato acustico quanto nella violenza dei suoi suoni elettrici, non c’è proprio differenza.
L’incontro/scontro con i Mariposa è avvenuto grazie all’ammirazione che porto loro, come gruppo e come singoli intelletti musicali. Le canzoni di Resistenza e amore le suonavo già da anni quand’ho fatto il disco… i Mariposa erano gli unici che potessero farle sentire – innanzi tutto a me – come se fossero nuove. Ci conoscevamo, ci ammiravamo e abbiamo lavorato assieme litigando, discutendo, e alla fine testimoniando di tutto questo su un disco.


«...perché la musica e la poesia non siano solo belle ma ri-belle».
Può la forma canzone permettersi di vivere esclusivamente di bellezza, oppure la ribellione è funzionale a priori alla bellezza della canzone stessa? E perché ribellione, ribellione a cosa? La ribellione ha/è valore a prescindere?
La scrittura e il racconto sono una forma di ribellione alla natura. Tutto va verso la dispersione. La scrittura, la musica vogliono trattenere questo marasma, fermare la morte, il volgere del sole. Resistenza dell’amore, resistenza della vita contro la morte in fin dei conti. Perciò si canta.

Alessio Lega vs ''libertà da paccottiglia''. Hai compiuto scelte musical-professionali che schivano i canali più battuti e potenzialmente pregiudizievoli. Senti di aver raggiunto una condizione di integrità intellettuale ideale, o manca qualcosa? Senti di non dovere niente a nessuno?
Non è vero che non cerco canali… semplicemente non sono disposto a svendere i miei principi. Se mi si lascia cantare ciò che ritengo giusto nel modo che ritengo degno sono disposto a cantare ovunque.
Devo tutto a molti, a tutti quelli che credono nelle cose che provo a fare: ogni volta che qualcuno s’interessa, s’intenerisce, si commuove con una mia canzone me ne stupisco e me ne innamoro. Forse sono solo un povero diavolo che vuole comprare le emozioni, l’anima di un mondo che non sa più ché farsene… ma non ho da offrire in cambio che me stesso.

«E come disse Spiccio: ''La resistenza si misura in 'Om''». Chi è Spiccio, e qual è l'unità di misura dell'amore?
Spiccio Marco: “pianista e medico”, come credo che reciti tutt’ora il suo biglietto da visita… è un ottimo pianista, un grande musicista, un uomo fenomenale e un pazzo. È un genovese, e forse questo compendia ogni cosa. Casa sua è stato il crocevia di molti suoni, nottate insonni, esondazioni alcoliche.
L’amore si misura col sangue: quello che si riesce a tener dentro e quello versato.

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