Un altro lunedì, un'altra brioscina. Questa settimana incontriamo un epico gruppo monopolitano con più di otto anni di attività alle spalle, i Vegetable G. Sono arrivati quest'anno alla loro quinta release, L'almanacco Terrestre e abbiamo colto l'occasione di farci raccontare qualcosa. Enjoy!
Per prima cosa le presentazioni. Chi sono i Vegetable G? Da quanto suonate assieme?
Un certo Giorgio Spada, musicista - tastierista e compositore un giorno, verso la fine del 2002, per un progetto dal nome “Vegetable G”, appena sfornato, aggancia un chitarrista – bassista improbabile, portante il nome di Luciano D’Arienzo. I due, già dopo la prima esibizione, hanno la possibilità di pubblicare il loro primo album nel 2003 (A perfect spring) ed un secondo nel 2005 (Epic mono), entrambi per l’etichetta Minus Habens Records. Presto però, il duo lascia spazio ad un trio con l’ingresso di Maurizio Indolfi alla batteria e così pubblicano il loro terzo album (Genealogy) per l’etichetta Olivia Records e poi anche un quarto (Calvino), per la stessa etichetta. La band si evolve e trova la sua struttura definitiva in quartetto con Michele Stama al basso e pubblica il quinto lavoro dal titolo “L’almanacco terrestre” per Ala Bianca, distribuito da Warner.
Come è cambiata la band? Si è modificato il processo creativo? L'ultimo Ep e il disco ora in uscita, ad esempio, sono in italiano.
La band è cambiata sotto ogni profilo. Aldilà di quello prettamente numerico s’è trattato di un processo strettamente legato alla scrittura in crescita e quindi alle scelte musicali. Da un approccio, quello più recente, sicuramente più istintivo nel suo complesso ad un approccio più rispettoso e di riguardo nei confronti dei testi e delle linee melodiche. Scrivere in italiano brani come quelli dell’Ep e de “L’almanacco terrestre” ha comportato una maggior cura negli arrangiamenti già in partenza, prima del subentro di Enrico Gabrielli con le sue preziosissime tessiture di fiati. E’ una nuova era, di maggior consapevolezza e di gusti decisamente più affinati secondo nostro parere.
Parlando sempre de L'almanacco Terrestre. Quasi un concept. La tematica sembra molto eterogenea, come di qualcuno da un altro pianeta che scrive, per l'appunto, un almanacco di eventi e storie terrestri. C'è un messaggio in particolare dietro che volete canalizzare?
E’ un concept. Il tema è dato dalla titletrack, il primo brano in italiano da me mai scritto, da cui sono scaturite le suggestioni tali da permettere un divenire fluido di altri brani come satelliti attorno al pianeta principale. Resta chiaro che le ragioni alla base di questi altri brani siano differenti ma tutte, dico tutte, possono essere interpretate secondo chiave di lettura fornita dalla titletrack e ad essa riconducibili sempre. Il messaggio è semplicemente un’esortazione alla riflessione, quella che interessa i nostri equilibri nell’esistenza e che dobbiamo continuamente spiegarci nonché, al contempo, accettare ancor prima di pervenire, semmai, ad una conclusione. Sono anche gli equilibri che sovrintendono all’amore tra le persone. L’amore è un duo speculare in cui una parte fornisce all’altra, a mo’ di Beatrice per Dante, mi si conceda il paragone che può apparir blasfemo, lo start per un viaggio nelle considerazioni più vaste sull’umanità e sul cosmo. Partendo dall’infinitamente piccolo per giungere all’infinitamente grande.
Parlando di influenze artistiche. Cosa avete ascoltato in questo ultimo anno di composizione e registrazione dell'album?
Ogni vegetale, nei Vegetable G, ha i suoi ascolti e credo che riassumerli sia impossibile dato che si parla di un anno intero. La scrittura di questo album, nei testi e in buona parte nelle musiche, è qualcosa che mi riguarda, solo per questo aspetto, più strettamente. Bene. Posso dire di aver sentito molto e ascoltato nulla?
In otto anni di attività musicale sono cambiate molte cose attorno a voi? Nella musica dell'odierno sottobosco italiano ci sono novità soddisfacenti? Due o tre nomi sulla punta della lingua?
Sono cambiate moltissime cose, moltissime e speriamo cambino ancora moltissime cose… e pare di accada. Nel panorama musicale italiano, cantato in inglese, c’è molto, davvero molto e verrebbe subito da menzionare gli Iori’s eyes, i Drink to me…non diremmo A toys orchestra soltanto perché non fanno parte del sottobosco ma sono una grande realtà affermata e che stimiamo. In italiano, nel sottobosco? Mah, grave difficoltà…
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