Questo lunedì è dedicato agli Uyuni, un fantastico progetto musicale della riviera romagnola, uno degli ultimi arrivati nella famiglia Taffuzzy anche se in famiglia c'erano già da tempo. Basta sproloqui. Enjoy!
Chi è Lompa e chi è Inserirefloppino? La somma della parti fa Uyuni? Ma soprattutto chi sono le persone dietro ai nomi d'arte e cosa fanno nella vita?
Dietro ai nomi d’arte, naturalmente ci sono i nomi veri, che non sarebbero di per se off limits, ma, come è usanza dalle nostre parti, quando nasci ti appioppano un soprannome che alla fine non ti togli più; anzi con il tempo si fanno anche dei monicker sui monicker fino a quando non ci si capisce più nulla. Per essere precisi Lompa in realtà è Nicola, e Inserirefloppino è Psico che a sua volta è Marco (ecco un esempio di quello che dicevo prima).
Nella vita Lompa fa l’architetto e, dopo qualche anno passato all’estero a sgobbare com’è destino di molti suoi colleghi, si è ritrasferito in Italia dove lavora come architetto e, naturalmente si dedica alla musica. Lompa suona la chitarra acustica, gli altri strumenti a corde e canta nel progetto Uyuni. Anche InserireFloppino è un architetto, ma non progetta case, bensì negozi di vestiti e lavora anche il sabato mattina. Nel tempo che gli rimane ama creare collage di carta su carta e suonare le percussioni e campionatori nel progetto uyuni. (Si veda la bellissima cover del disco in questione. Ndr)
Ambedue si dividono inoltre l’elettronica ed i synth. Tutti e due sono parte del collettivo Tafuzzy, e collaborano in vari progetti, tra cui MrBrace e B.I.P.
Ambedue si dividono inoltre l’elettronica ed i synth. Tutti e due sono parte del collettivo Tafuzzy, e collaborano in vari progetti, tra cui MrBrace e B.I.P.
Lompa non può pensare di uscire di casa senza farla, mentre Inserirefloppino
la sacrifica volentieri in favore di un quarto d’ora in più di sonno
(anche il sabato mattina).
la sacrifica volentieri in favore di un quarto d’ora in più di sonno
(anche il sabato mattina).
Come i vostri singoli progetti e gli altri progetti in cui siete coinvolti si riflettono (o non si riflettono) sul suond degli Uyuni?
In realtà siamo convinti che ci sia una sorta di continuità nella diversità dei progetti e anche degli ambiti a cui ci dedichiamo. La musica e l’architettura non sono poi così diverse, in entrambi i casi si tratta di formulare un’idea, ed organizzare una vasta quantità di materiale in modo coerente, perché l’idea iniziale venga valorizzata. Poi tutto quel che si affronta lungo la strada partecipa all’affinazione e definizione di quel punto di partenza. In ambedue le cose ci sono spazi, proporzioni e rapporti tra le parti.
In più una certa passione per il cinema e la fotografia ci ha portato a volere un supporto visivo per la nostra musica. I nostri concerti recenti sono accompagnati dai visual di Beatrice Imperato, autrice di buona parte delle foto che compaiono sui flyer del collettivo Tafuzzy.
Non mi piace mai molto quando recensiscono un disco e dicono che sembra questo o quest'altro gruppo. Però son curioso. A cosa direste che si può accostare il vostro primo disco, Uyuni? Quali generi accarezza e da quali è influenzato?
Il progetto Uyuni cerca una linea di continuità tra la dimensione acustica del folk blues della tradizione americana e un suono più contemporaneo che viene dalla psichedelia, dall’elettronica e l’ambient noise. Trattandosi di una ricerca musicale che insegue la continuità con una tradizione non ci disturba avere delle radici ben precise, e portare avanti un discorso che prosegue rinnovandosi nelle generazioni, e riesce a rimanere attuale e comunicativo anche per noi postmoderni.
Innanzi tutto la potenza della chitarra di John Fahey, che racchiude tutta la memoria di quell’epoca del country blues acustico e la rilegge preparandola per il futuro. Poi da li indietro verso le origini, (Skip James e Dock Boggs per citarne alcuni) e contemporaneamente avanti lungo le linee di quello stesso discorso, fino a quelli che al giorno d’oggi lavorano rinnovando quell’idea di suono (Gastr del Sol e Jim O’ Rourke per esempio). Poi tutti e due condividiamo una passione per il Kraut Rock degli anni settanta, nello specifico per i Neu!.
Uyuni, il disco, ha avuto una genesi piuttosto lunga, sarà così anche per il vostro prossimo lavoro? O è stato un "Give Up" alla Postal Service?
Il nostro primo disco ha avuto una genesi pluriennale, in grossa parte dovuta al fatto che per i due anni della sua genesi vivevamo a più di mille chilometri di distanza l’uno dall’altro. Poi però i tempi lunghi sono dovuti anche alla maturazione stessa dell’idea di questo progetto; in partenza infatti non avevamo in programma di formare un gruppo, ma le cose sono venute un po’ alla volta, man mano che il materiale registrato aumentava ed anche la nostra attività live. Già ora stiamo lavorando a del nuovo materiale, negli spazi disponibili tra un concerto e una session di registrazione del nuovo disco di Mr Brace a cui ambedue stiamo partecipando, ma penso che per il prossimo Uyuni dovrà passare un po’ di tempo ancora (speriamo non altri due anni); ci piace fare le cose con calma.
In realtà siamo convinti che ci sia una sorta di continuità nella diversità dei progetti e anche degli ambiti a cui ci dedichiamo. La musica e l’architettura non sono poi così diverse, in entrambi i casi si tratta di formulare un’idea, ed organizzare una vasta quantità di materiale in modo coerente, perché l’idea iniziale venga valorizzata. Poi tutto quel che si affronta lungo la strada partecipa all’affinazione e definizione di quel punto di partenza. In ambedue le cose ci sono spazi, proporzioni e rapporti tra le parti.
In più una certa passione per il cinema e la fotografia ci ha portato a volere un supporto visivo per la nostra musica. I nostri concerti recenti sono accompagnati dai visual di Beatrice Imperato, autrice di buona parte delle foto che compaiono sui flyer del collettivo Tafuzzy.
Non mi piace mai molto quando recensiscono un disco e dicono che sembra questo o quest'altro gruppo. Però son curioso. A cosa direste che si può accostare il vostro primo disco, Uyuni? Quali generi accarezza e da quali è influenzato?
Il progetto Uyuni cerca una linea di continuità tra la dimensione acustica del folk blues della tradizione americana e un suono più contemporaneo che viene dalla psichedelia, dall’elettronica e l’ambient noise. Trattandosi di una ricerca musicale che insegue la continuità con una tradizione non ci disturba avere delle radici ben precise, e portare avanti un discorso che prosegue rinnovandosi nelle generazioni, e riesce a rimanere attuale e comunicativo anche per noi postmoderni.
Innanzi tutto la potenza della chitarra di John Fahey, che racchiude tutta la memoria di quell’epoca del country blues acustico e la rilegge preparandola per il futuro. Poi da li indietro verso le origini, (Skip James e Dock Boggs per citarne alcuni) e contemporaneamente avanti lungo le linee di quello stesso discorso, fino a quelli che al giorno d’oggi lavorano rinnovando quell’idea di suono (Gastr del Sol e Jim O’ Rourke per esempio). Poi tutti e due condividiamo una passione per il Kraut Rock degli anni settanta, nello specifico per i Neu!.
Uyuni, il disco, ha avuto una genesi piuttosto lunga, sarà così anche per il vostro prossimo lavoro? O è stato un "Give Up" alla Postal Service?
Il nostro primo disco ha avuto una genesi pluriennale, in grossa parte dovuta al fatto che per i due anni della sua genesi vivevamo a più di mille chilometri di distanza l’uno dall’altro. Poi però i tempi lunghi sono dovuti anche alla maturazione stessa dell’idea di questo progetto; in partenza infatti non avevamo in programma di formare un gruppo, ma le cose sono venute un po’ alla volta, man mano che il materiale registrato aumentava ed anche la nostra attività live. Già ora stiamo lavorando a del nuovo materiale, negli spazi disponibili tra un concerto e una session di registrazione del nuovo disco di Mr Brace a cui ambedue stiamo partecipando, ma penso che per il prossimo Uyuni dovrà passare un po’ di tempo ancora (speriamo non altri due anni); ci piace fare le cose con calma.
Gli Uyuni sono impegnatissimi su tutti i fronti, raccontateci li vostri ultimi progetti...
Nei mesi passati abbiamo curato la sonorizzazione di una mostra personale dell’illustratrice Amalia Mora, dal titolo “Niente”, per cui abbiamo lavorato ad un’installazione sonora in quadrifonia, in cui si giocava sulla dinamica del suono nello spazio.
Prossimamente, precisamente il 30 dicembre, faremo un concerto in teatro, accompagnati dal quintetto d’archi del maestro Anacleto Gambarara, e dal piano di Alice Berni, compositrice e nostra cara amica. Il concerto sarà poi corredato dai live visual del regista Daniele Quadrelli.
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