Visto che la fine del mondo è oramai dietro l’angolo e il tempo stringe sempre più, pensavo che sarebbe stato inopportuno lasciare quest’universo senza prima aver parlato dell’album d’esordio del trio marchigiano, meglio noto come Caffiero. E visto anche che con un incipit del genere si rischia di sfiorare apparenti assurdità, non sarà di certo un problema se nel presentare Moscagrande farò ricorso ad una favolistica effigie figurativa. Immaginate allora, una fattucchiera e un pentolone in cui ribollono sostanze indefinite, gli elementi si mescolano vertiginosamente tra di loro come una rete di cellule impazzite per creare una pozione magica. Il risultato è soddisfacente. Sperimentalismo allucinato ed elettronica d’avanguardia si sposano in un equilibrio strafatto di acidità noise ed estasi psichedelica. Un sound orbitale frutto di una cultura musicale degli stessi componenti della band, che è mutata e cresciuta nel tempo, in un marasma di generi differenti la cui catalogazione potrebbe risultare riduttiva per l’essenza stessa dell’album. I ragazzi riescono a mettere su una struttura ritmica che affianca forme più astratte di minimalismo elettrico ed elucubrazioni sintetiche, con modulazioni di roboanti ed ipnotici synth, il tutto in una prospettiva tipicamente lo fi. Undici brani carichi di groove e tensione che scorrono via molto bene tra incubi psichedelici e scosse di IDM; l’album volteggia disinvolto, l’atmosfera estrania dalla realtà e nel buio lancinante dei sample si esce dall’ascolto con addosso i postumi di una ciclopica sbronza sonora. E come accade con i lavori migliori, appena finito viene subito voglia di riascoltarlo.
Caffiero
Moscagrande
2012
Autoprodotto
1. A damn fine cup of coffee
2. Bullshit
3. Chinaboy
4. Violence in the kitchen
5. 3 by the gin
6. Tubi: ceci n'est pas une pipe
7. Secondo
8. My skeleton is older than my father
9. John Starks
10. Caffiero nei boschi secchi
► Recensione (Osservatori Esterni) ▲ FB ▼ Tumblr ◄
► Soundcloud ▲ Bandcamp ▼ Download ◄
Nessun commento:
Posta un commento