venerdì 4 marzo 2011

Cappuccino fumante: Sub Terra

Rieccoci all'appuntamento con le Net Label italiane. Questo venerdì è il turno della Sub Terra, l'etichetta viterbese del fluviale Carlo, che scrive cose interessantissime ma ha scordato di citare se stesso. Quindi lo faccio io per lui, un plauso anticipato al lavoro suo e dei suoi collaboratori. Leggendo qui sotto potrete conoscere meglio questa realtà. Enjoy!

Come nasce SubTerra? Che idea c'è dietro e come si struttura l'etichetta?
Inizialmente (nel 2006) Sub Terra era una fanzine cartacea che seguiva la scena underground del nostro territorio di base, la Tuscia e Roma. Successivamente e molto gradualmente si è strutturata in una netlabel, pur mantenendo un blog/webzine che pone molta attenzione alle questioni dell'autoproduzione e del DIY, che in tempi di web 2.0 significa sostanzialmente copyleft. L'idea di base è molto semplice: come label, realizzare produzioni o promuovere dischi di validi gruppi che si muovono secondo il concetto di open; come webzine, scrivere di queste realtà e organizzare eventi. Fondamentalmente, lo scopo è quello di prendere in mano autonomamente la situazione e muoversi in maniera totalmente indipendente per creare movimento e aggregazione tra le persone, senza aspettarsi niente dalle strutture consolidate di un mercato musicale peraltro fatiscente. In altre parole, vogliamo reali scambi culturali e umani, al di là del monadismo imposto dal sistema musicale tradizionale.
La struttura si compone di un piccolissimo studio di registrazione home-made, una connessione internet, diversi canali di diffusione sul web, tra portali musicali e social networks (Fb, MySpace, Jamendo, LastFm, Youtube...), un ufficio stampa e una rete di contatti per l'organizzazione di eventi e serate, una sorta di booking quindi, anche questo home-made.



L'impegno a livello di tempo e di passione è fuor di dubbio. Ma è davvero senza costi la vostra net label?
Non è priva di costi, ma posso confermarti che la dipendenza da capitali d'investimento è ridotta al minimo indispensabile. Questo ci rende sostanzialmente liberi. Quando ci sono i soldi, si investe senz'altro per fare le cose bene. Quando non ci sono, si fanno lo stesso, forse ancora meglio. La questione importante è che esista alla radice dell'espressione qualcosa di autentico da dire. Questo è il motore fondamentale, altrimenti diverrebbe un lavoro come un altro e tanto varrebbe concepirlo come un impiego in banca. Il resto, anche economicamente parlando, viene da sé, e se non viene c'è solo da aguzzare l'ingegno e sfidare i propri limiti. Non importa quanto lontano si arriva.

Il concetto di CopyLeft for dummies. Una net-label come si propone di affrontare un mercato desolante come quello italiano?
Ai profani del copyleft direi semplicemente: potete scaricare liberamente e gratuitamente il disco per esplicita volontà degli autori e siete incoraggiati a diffonderlo, copiarlo, distribuirlo. Fatelo girare, parlatene, ascoltatelo bene e criticatelo. Se vi piace, al limite potete acquistare per corrispondenza il disco fisico, se disponibile, o venire direttamente ai concerti degli artisti. Se siete un pubblicitario, un regista o che so io e vi piacerebbe utilizzare quella musica per la promozione del vostro film/pubblicità/altro, siete obbligati a contattare l'artista e stabilire con lui un compenso per l'utilizzo commerciale del suo lavoro. Se volete plagiare l'opera, pensando di farla franca perché circola liberamente sul web, fate attenzione perché in genere chi si muove secondo la filosofia copyleft protegge le sue opere attraverso la firma digitale, che ha valore legale a tutti gli effetti ed è prova di paternità inconfutabile. Tutto questo è scritto su di un piccolo cartiglio digitale, applicato all'opera, che si chiama licenza. In genere, le licenze copyleft più utilizzate si chiamano Creative Commons e si presentano con un piccolo logo che sintetizza cosa si può fare e non fare con quell'opera, secondo la volontà dell'autore e detentore dei diritti.
Per quanto riguarda il mercato, vorrei partire da un assunto che spesso è venuto fuori nelle chiacchierate con un grande artista italiano del web libero, Mr. Humpty Dumpty: prima che pensare alla musica in funzione del mercato, bisognerebbe pensare alla qualità ed autenticità della musica in sé e dei suoi fruitori. Il mercato potrebbe venire di conseguenza, ma non sarebbe tiranno dell'espressione, ma piuttosto sua ancella. Ci sembra purtroppo che questo ragionamento sia molto raro ed è per questo che il panorama italiano è così desolante. L'indie è ripiegato su logiche vecchie e reazionarie: per questo argomento, vorrei segnalare un articolo di Stefano Solventi su SentireAscoltare, uscito da poco, in cui si esprimono opinioni dei vari Agnelli-Godano ed anche di Humpty Dumpty. Si trova a questo link http://www.sentireascoltare.com/articolo/1334/numero-6-il-suono-in-cui-vivremo.html
Come copyleft netlabel, al di là di tutte le questioni culturali-filosofiche, ci proponiamo innanzitutto di creare attraverso il web uno scambio reale all'interno di una piccola comunità attenta, critica, consapevole ed attiva. Se c'è la possibilità di costruire un piccolo mercato, per noi deve avvenire all'interno di questo ambito. È un lavoro lunghissimo e nell'immediato sostanzialmente invisibile, ma sono convinto che sul lungo termine farà la differenza e ciò che è davvero bello rimarrà, al di là di quello che, per piacere a tutti subito, avrà pure una grossa eco immediata, ma finirà nella pattumiera della storia.

La Licenza Digitale Online Commons in che maniera è un passo avanti, un'apertura?
La licenza DOC è stata vista in maniera ambivalente nel mondo del copyleft. Per i profani, si tratta di una licenza che permette agli artisti di autogestirsi sul web pur potendo usufruire dei servizi della SIAE. Il nodo gordiano delle licenze libere è infatti quello delle royalties, poiché finora la SIAE non le riconosce. In altre parole, o sei iscritto alla SIAE, che annulla di fatto la volontà dell'autore e gestisce ogni diritto per lui, o usi le licenze libere. Le due cose non sono compatibili. A tutti gli effetti, l'unica utilità di usufruire della SIAE è quella di riscuotere le royalties, ma ciò non è possibile per il 90% dei musicisti italiani, che non sono inseriti in un grosso contesto di mercato (con questo intendo passaggi su grossi canali e networks radio-televisivi). I promotori di questo primo compromesso che è la licenza DOC sono stati i Rein, sicuramente il primo gruppo in Italia a fare della battaglia del copyleft e del dialogo con la SIAE su questo punto una bandiera. Con l'uscita del loro ultimo disco, "È Finita", avendo raggiunto ormai una buona popolarità e la possibilità di trovarsi in un certo contesto di mercato, sono riusciti ad ottenere per primi dalla SIAE questa particolare licenza che gli permette di gestire autonomamente i loro diritti sul web, restando di fatto copyleft, ma allo stesso tempo di poter essere iscritti: le utilizzazioni offline saranno gestite da SIAE, le utilizzazioni online saranno gestite direttamente dai Rein. In questo senso è certamente un passo avanti e una prima apertura per la battaglia del riconoscimento delle licenze libere da parte della SIAE.
C'è però anche chi ha visto con dubbio questo accordo, come un compromesso che pregiudica la lotta di base ad un ente monopolistico e preistorico come la SIAE: penso alle nostre discussioni con Eva Milan, cantautrice già da molto tempo attiva sulla questione delle libertà digitali, autrice del portale di controinformazione http://www.zabrinskypoint.org .
Ognuno si faccia un'opinione al riguardo a seconda delle proprie idee e della propria posizione all'interno del mercato.

Quante produzioni avete alle spalle? Quale la più grande soddisfazione?
Dal 2006 abbiamo quattro produzioni alle spalle e numerose "distribuzioni", ovvero gruppi che abbiamo supportato e stiamo supportando attraverso i nostri canali. La più grande soddisfazione è sicuramente aver potuto fino ad ora, grazie alla musica, arricchirci incredibilmente come persone grazie ai numerosi incontri e rapporti umani che tutto questo ci ha portato. Ma di soddisfazioni pratiche ce ne sono tante: penso alla partecipazioni al Copyleft Festival di Arezzo o al MEI 2009, con artisti adesso lanciatissimi come honeybird & the birdies, alle Copyleft Nait organizzate al Beba Do Samba di Roma (a proposito, la prossima è il 18 Febbraio a Roma e sarà trasmessa a reti unificate da numerose copyleft webradio), agli house concerts cominciati ad organizzare a Viterbo con il nome di Allimprovviso (e che hanno visto la partecipazione di Secret Concerts di Milano con artisti come Dente e Diego Mancino), alle collaborazioni strette con realtà analoghe in Italia come SubCava Sonora di Napoli o Imago Sound di Messina, che ci stanno permettendo di portare questi house concerts in giro per l'Italia con il nome di Oscena (nel senso di "fuori dalla scena" di Carmelo Bene), tour la cui prima edizione si è conclusa proprio in questi giorni con i nostri Hyaena Reading, agli incontri e ai rimescolamenti che hanno prodotto collaborazioni tra artisti come La Guerra delle Formiche ed Humpty Dumpty o Silvia Leoni, timida cantautrice dalle grandi potenzialità, al collettivo Zero Gravity Toilet che ha ricevuto anche un finanziamento da un bando di concorso della comunità europea... la lista sarebbe molto lunga: ci piace lasciarci trasportare dal piccolo buzz e dalle fattezze proteiformi che internet ci dà di volta in volta :)  

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