Venerdì 10 Gennaio la sala concerti del Controsenso si è trasformata in un coloratissimo caleidoscopio gigante che fluttuava nell'aria seguendo il ritmo New Wave e Post Punk dei Soviet Soviet, rilasciando coriandoli di note che ipnotizzavano menti e orecchie con melodie graffianti, speranzose, energiche, più cupe, impetuose. Come il rito vuole, prima del live ho scambiato due interessanti chiacchiere con Andrea Giometti (voce e basso), Alessandro Costantini (chitarra) e Alessandro Ferri (batteria). Siate curiosi: here we go! (Foto di Angelica Gallorini)
Com'era la vita quando i Soviet Soviet non erano Soviet Soviet?
Alessandro (batterista): I Soviet Soviet per me sono stati un evento, sia dal punto di vista lavorativo - perché sta diventando sempre più impegnativo - sia dal punto di vista personale: già conoscevo Ale e Andre, ed abbiamo fatto nascere tutto questo insieme. È stato un cambiamento del tutto positivo: ne sono soddisfattissimo, spero di fare ancora tanti album, date, di continuare questo percorso per tantissimo tempo.
Alessandro (chitarrista): Per me la vita era un po' più piatta, prima. Ho iniziato a girare scoprendo il piacere di viaggiare grazie al gruppo, ho conosciuto a livello geografico un sacco di posti in cui non ero mai stato, ho vinto tanti blocchi mentali che avevo in precedenza nell'interagire con le persone. Ed è una delle cose più belle che una persona possa vivere.
Andrea: La stessa cosa, più o meno. La bellezza di viaggiare, conoscere altra gente, altre culture, abbattere pregiudizi su luoghi, usi, costumi e modi di vivere. Se non fosse stato per la Musica, non avrei mai visto l'80% dei posti in cui siamo stati. È stato un tassello in più nella mia, nella nostra vita. Prima era un'esistenza come tante altre.
Qual è stato il fattore scatenante per cui avete iniziato a suonare? Sia individualmente che a livello di gruppo.
Alessandro (chitarrista): Ce ne siamo accorti un po' nel mentre. Il progetto è nato diciamo per caso, dall'incontro mio e di Andre: uscivamo entrambi da due progetti precedenti, più o meno nello stesso periodo, e Andre mi ha proposto di fare qualcosa insieme. Conoscevo Ale, che suonava la batteria, e abbiamo deciso semplicemente di iniziare a provare. Non so se ci sia stato un momento preciso in cui ci siamo accorti che stava funzionando, ma nei primi mesi siamo andati avanti a diritto nel produrre e buttare via pezzi, funzionava bene. È stato un processo naturale. Qualcosa che non è fermo funziona già. Personalmente ho sempre ascoltato un sacco di Musica fin da quando ero piccolino, dai quindici anni in poi avevo già dei miei gusti musicali. Inizi scimmiottando il video che becchi su MTV, capisci cosa ti piace, senti di poter fare qualcosa che apprezzi, qualcosa di tuo. La prima volta che ho comprato una chitarra acustica era tardi, avevo circa diciotto anni: era la seconda volta che tentavo di comprarne una, la prima sono tornato a casa con un aquilone, che è un po' diverso! Ho messo su il primo gruppo verso i diciotto, diciannove anni. Ecco com'è iniziata la mia avventura nel mondo della Musica.
Alessandro (batterista): Anche io ho iniziato verso quell'età, un po' come ha detto Ale: ascoltavo Musica, giravo per i concerti, mi piaceva un sacco suonare la batteria. L'idea era quella di suonare: quando mi divertivo con la batteria in mansarda di mia nonna rompevo le palle a tutto il quartiere! Da cosa nasce cosa, la passione è continuata; conoscendo sempre meglio lo strumento, ti ritrovi a suonare nei primi gruppetti, a fare cover, fino a che non hai l'esigenza e la voglia di costruire un gruppo TUO. Il risultato è questo. E non è mai tardi per iniziare.
Andrea: Io ho iniziato a suonare a ventidue anni e non ascoltavo nemmeno Musica nell'adolescenza. Ho cominciato a fare entrambe le cose molto tardi. Da qui deriva anche la mia ignoranza nell'ambito musicale. Quando c'è una cosa che mi piace fare, voglio farla subito, e con la Musica non è possibile, devi di volta in volta superare degli step. La vedevo come una cosa troppo difficile, e probabilmente non avrei avuto la pazienza necessaria, quindi ho lasciato perdere. Era il 2006, e un mio amico (con cui avevo molto in comune per quanto riguarda la Musica: per esempio, adoravamo tutti e due i Green Day; li adoro tuttora - quelli dei primi tempi però - porto anche tatuaggio dedicato a loro) voleva iniziare a suonare in tutti i modi. Ecco che ho comprato il mio primo basso, ed ecco che sono arrivate le prime lezioni di Musica. La mia grossa fortuna è stata quella di iniziare a suonare con un gruppo, di Fano, due mesi dopo aver comprato lo strumento: avevo così l'opportunità di mettere in pratica quello che imparavo col maestro. Dopo due anni ho abbandonato il gruppo. Luglio/Agosto 2008 è iniziata la storia dei Soviet Soviet.
Secondo molti gruppi e artisti stranieri, il pubblico italiano si rivela essere sempre il più caloroso. Voi, che siete italiani e andate a suonare all'estero (ricordiamo le tappe negli Stati Uniti, in Messico, nell'Est- Europa), cosa pensate riguardo questa affermazione?
Alessandro (chitarrista): Pensiamo semplicemente il contrario. Andrea tempo fa se ne è uscito con un concetto abbastanza veritiero: in Italia si tende a portare su un piano più alto un gruppo che viene da fuori piuttosto che un gruppo che viene dall'Italia stessa. A parità di importanza e qualità musicale, un gruppo straniero in Italia viene visto più di buon occhio rispetto a gruppo Italiano, e forse all'estero è la stessa cosa, ma questo non te lo so dire. Escluso gli ultimi due/tre mesi in cui siamo riscuotendo successo anche in Italia, inizialmente abbiamo da subito avuto un riscontro più che positivo fuori dal nostro paese, soprattutto nell'Est-Europa. Prima era sempre un grande punto interrogativo fare una data qua: ora, per fortuna, ci sono più probabilità rispetto a prima di fare una bella serata.
Andrea: Dall'uscita di FATE, a Novembre, forse si sono accorti (non solo i locali o i promoter, ma anche gli addetti ai lavori come Rockit o le radio più importanti) che qualcosa c'è.
E quindi, a detta vostra, qual è il pubblico in cui avete trovato più riscontro?
Andrea: Uno da podio è il Messico.
Alessandro (chitarrista): Sì, lì abbiamo una fanbase molto vivace. Così anche nell'Est-Europa, in particolare Russia e Ucraina. Il live è fondamentale, perché capisci l'importanza non solo della Musica che suoni, ma anche il modo in cui viene vissuta da chi è lì per vederti: se uno sta con l'occhio attento e braccia conserte per capire se canti qualcosa, oppure se è lì che ti aspetta da una vita e non vede l'ora che il concerto cominci. Alcune cose scatenato un certo tipo di energia. Quando c'è l'enfasi e la voglia di divertirsi sotto il palco, sopra succede di tutto e di più e la serata andrà benone. Dobbiamo molto a chi viene ai concerti, per divertirsi, stare bene e godersi la nostra Musica.
L'esperienza che non dimenticherete mai - se c'è stata.
Alessandro (chitarrista): Beh, ce ne sono tante di esperienze. Personalmente, il primo live in assoluto che abbian fatto all'estero, nel 2010 a Nizza. Mi ricordo che guidavo, e una volta arrivati a Sanremo mi son detto "Ma che cazzo sto facendo? Ma dove stiamo andando?". Non sapevamo nemmeno dove saremmo andati a dormire! Eravamo in contatto con questo gruppo francese che, dopo esserci scambiati un po' di complimenti su MySpace, ci hanno chiesto di andare dalle loro parti a suonare. Siamo arrivati in questo club bassissimo, in cui potevano starci tre/quattrocento persone, pieno, pubblico vario dal ragazzetto con la cresta al tizio in giacca e cravatta. C'è stato un preciso momento durante il live in cui c'era così tanta enfasi che mi son girato verso Andre e gli ho detto "Ma ci stan prendendo per il culo! Ma cosa sta succedendo?". Finito il live, dopo aver rotto di tutto, ci siamo abbracciati nel backstage perché era appena successo un qualcosa di inaspettatamente bello. Lo ritengo il momento che ha sancito l'inizio di qualcosa. Che poi si trattava di una data unica eh, siamo tornati in Italia il giorno dopo! Andrea e Alessandro (batterista): Sì, siamo d'accordo.
Alessandro (chitarrista): Fortunatamente ce ne sono capitate tante, di cose inaspettate. L'etichetta americana che ti contatta perché vuole produrti, finire su Pitchfork col primo lavoro e ti ritrovi nella stessa pagina di Thom Yorke, il tuo ep da quattro soldi recensito con 7 e mezzo. Ce ne son successe tante, sia belle che brutte, più belle fortunatamente.
Ho apprezzato molto la vostra cover di "Curami" dei CCCP: avete suonato e cantato rivisitandola secondo il vostro stile, mantenendo il giusto equilibrio con la versione originale. Secondo me è proprio così che si fa una cover. Detto ciò, qual è il vostro pensiero sulle cover/tribute band dei gruppi, che propongono sempre le stesse identiche versioni dei brani?
Andrea: Due cose: mi dispiace per loro perché non fanno un qualcosa di personale, bravi perché prendono i soldi (ride).
Alessandro (chitarrista): A me spaventa un pochino più l'idea di chi cerca di assistere a questo tipo di live, di chi non ha la curiosità di scoprire qualcosa di nuovo; piuttosto che andarsi a vedere il concertino carino sotto casa, uno cerca la cover band dell'artista che ti viene passato cento volte in radio, e fa gli stessi concerti cento volte. Mi piace essere positivo e pensare che le cose stanno cambiando. Però ecco, l'effetto cover band non lo vedo preoccupante per la cover band stessa ma per chi approva e va ai concerti. È una forma di accontentarsi e implica poca curiosità, difetto che affligge parte dell'Italia e parte delle serate in cui sei in Italia.
Alessandro (batterista): Io ho iniziato facendo cover degli Oasis. Ti lascia un po' così, vuoto: non è altro che la riproduzione tecnica di un brano, di tuo non c'è niente, e non è Musica tua. O fai la cover in un certo modo mettendoci un po' del tuo, altrimenti non c'è soddisfazione.
I peggiori nemici della Musica, secondo voi.
Andrea: La mentalità della gente, per come ragiona, per come si rapporta nelle varie serate e nell'andare a vedere un gruppo.
Alessandro (batterista): Suonare senza aver più la voglia e lo stimolo, farlo diventare solo un lavoro. Spero non accadrà mai, perché mi sentirei molto a disagio, non sarebbe più assolutamente la stessa cosa. Ti manca lo scatto di divertimento. E purtroppo c'è anche tanta invidia, tra i gruppi. C'è e ci sarà sempre, ed è una cosa che non ho mai sopportato.
L'influenza di Internet sul panorama musicale - sicuramente ha contribuito a creare un rapporto più rapido e diretto con la Musica, ma al tempo stesso è come se denigrasse il tutto: i negozi di Musica, purtroppo, stanno sempre di più scomparendo - e avere un CD, o un vinile, non è proprio la stessa cosa di scaricare file audio, che possono essere cancellati con un solo click. In più, è aumentata anche la superficialità nella conoscenza e nell'apprezzamento delle realtà musicali. Opinioni?
Alessandro (chitarrista): Internet è uno strumento che va saputo utilizzare, e a seconda di come lo fai puoi trarne sia dei vantaggi che, purtroppo, degli svantaggi. È come un'affettatrice. Internet è un'affettatrice. Sta a chi lo usa saperne fare buon uso, saper non farsi prendere dalla fretta e dalla quantità: è importante conoscere le cose un po' per volta, per approfondirle in modo migliore. Sicuramente Internet rende più difficile la lentezza: hai tutto subito e immediatamente, ti ascolti un album con disattenzione, saltando tracce in qua e in là.
Andrea: Non è colpa al 100% di Internet perché a sbagliare sono le persone a causa della loro mentalità. C'è della pigrizia di fondo che non è positiva.
Alessandro (chitarrista): C'è stato un periodo in cui avevo smesso di comprare CD. Poi ho ridato importanza alla cosa, soprattuto all'acquisto durante i live, unendo la scoperta del gruppo che sono andato a vedere al gesto del comprare la loro Musica. Se posso è la cosa più bella che possa fare, per me e per il gruppo.
State già buttando giù qualcosa per il vostro prossimo lavoro?
Alessandro (chitarrista): Sì, giusto ieri abbiamo finito un nuovo pezzo.
Andrea: C'è una grandissima voglia di fare cose nuove. Non che FATE sia vecchio, ma ha già sei/sette pezzi di undici mesi e i restanti di un anno e mezzo abbondante. Bisogna sempre stare al passo, senza essere forzato a farlo.
Com'era la vita quando i Soviet Soviet non erano Soviet Soviet?
Alessandro (batterista): I Soviet Soviet per me sono stati un evento, sia dal punto di vista lavorativo - perché sta diventando sempre più impegnativo - sia dal punto di vista personale: già conoscevo Ale e Andre, ed abbiamo fatto nascere tutto questo insieme. È stato un cambiamento del tutto positivo: ne sono soddisfattissimo, spero di fare ancora tanti album, date, di continuare questo percorso per tantissimo tempo.
Alessandro (chitarrista): Per me la vita era un po' più piatta, prima. Ho iniziato a girare scoprendo il piacere di viaggiare grazie al gruppo, ho conosciuto a livello geografico un sacco di posti in cui non ero mai stato, ho vinto tanti blocchi mentali che avevo in precedenza nell'interagire con le persone. Ed è una delle cose più belle che una persona possa vivere.
Andrea: La stessa cosa, più o meno. La bellezza di viaggiare, conoscere altra gente, altre culture, abbattere pregiudizi su luoghi, usi, costumi e modi di vivere. Se non fosse stato per la Musica, non avrei mai visto l'80% dei posti in cui siamo stati. È stato un tassello in più nella mia, nella nostra vita. Prima era un'esistenza come tante altre.
Qual è stato il fattore scatenante per cui avete iniziato a suonare? Sia individualmente che a livello di gruppo.
Alessandro (chitarrista): Ce ne siamo accorti un po' nel mentre. Il progetto è nato diciamo per caso, dall'incontro mio e di Andre: uscivamo entrambi da due progetti precedenti, più o meno nello stesso periodo, e Andre mi ha proposto di fare qualcosa insieme. Conoscevo Ale, che suonava la batteria, e abbiamo deciso semplicemente di iniziare a provare. Non so se ci sia stato un momento preciso in cui ci siamo accorti che stava funzionando, ma nei primi mesi siamo andati avanti a diritto nel produrre e buttare via pezzi, funzionava bene. È stato un processo naturale. Qualcosa che non è fermo funziona già. Personalmente ho sempre ascoltato un sacco di Musica fin da quando ero piccolino, dai quindici anni in poi avevo già dei miei gusti musicali. Inizi scimmiottando il video che becchi su MTV, capisci cosa ti piace, senti di poter fare qualcosa che apprezzi, qualcosa di tuo. La prima volta che ho comprato una chitarra acustica era tardi, avevo circa diciotto anni: era la seconda volta che tentavo di comprarne una, la prima sono tornato a casa con un aquilone, che è un po' diverso! Ho messo su il primo gruppo verso i diciotto, diciannove anni. Ecco com'è iniziata la mia avventura nel mondo della Musica.
Alessandro (batterista): Anche io ho iniziato verso quell'età, un po' come ha detto Ale: ascoltavo Musica, giravo per i concerti, mi piaceva un sacco suonare la batteria. L'idea era quella di suonare: quando mi divertivo con la batteria in mansarda di mia nonna rompevo le palle a tutto il quartiere! Da cosa nasce cosa, la passione è continuata; conoscendo sempre meglio lo strumento, ti ritrovi a suonare nei primi gruppetti, a fare cover, fino a che non hai l'esigenza e la voglia di costruire un gruppo TUO. Il risultato è questo. E non è mai tardi per iniziare.
Andrea: Io ho iniziato a suonare a ventidue anni e non ascoltavo nemmeno Musica nell'adolescenza. Ho cominciato a fare entrambe le cose molto tardi. Da qui deriva anche la mia ignoranza nell'ambito musicale. Quando c'è una cosa che mi piace fare, voglio farla subito, e con la Musica non è possibile, devi di volta in volta superare degli step. La vedevo come una cosa troppo difficile, e probabilmente non avrei avuto la pazienza necessaria, quindi ho lasciato perdere. Era il 2006, e un mio amico (con cui avevo molto in comune per quanto riguarda la Musica: per esempio, adoravamo tutti e due i Green Day; li adoro tuttora - quelli dei primi tempi però - porto anche tatuaggio dedicato a loro) voleva iniziare a suonare in tutti i modi. Ecco che ho comprato il mio primo basso, ed ecco che sono arrivate le prime lezioni di Musica. La mia grossa fortuna è stata quella di iniziare a suonare con un gruppo, di Fano, due mesi dopo aver comprato lo strumento: avevo così l'opportunità di mettere in pratica quello che imparavo col maestro. Dopo due anni ho abbandonato il gruppo. Luglio/Agosto 2008 è iniziata la storia dei Soviet Soviet.
Secondo molti gruppi e artisti stranieri, il pubblico italiano si rivela essere sempre il più caloroso. Voi, che siete italiani e andate a suonare all'estero (ricordiamo le tappe negli Stati Uniti, in Messico, nell'Est- Europa), cosa pensate riguardo questa affermazione?
Alessandro (chitarrista): Pensiamo semplicemente il contrario. Andrea tempo fa se ne è uscito con un concetto abbastanza veritiero: in Italia si tende a portare su un piano più alto un gruppo che viene da fuori piuttosto che un gruppo che viene dall'Italia stessa. A parità di importanza e qualità musicale, un gruppo straniero in Italia viene visto più di buon occhio rispetto a gruppo Italiano, e forse all'estero è la stessa cosa, ma questo non te lo so dire. Escluso gli ultimi due/tre mesi in cui siamo riscuotendo successo anche in Italia, inizialmente abbiamo da subito avuto un riscontro più che positivo fuori dal nostro paese, soprattutto nell'Est-Europa. Prima era sempre un grande punto interrogativo fare una data qua: ora, per fortuna, ci sono più probabilità rispetto a prima di fare una bella serata.
Andrea: Dall'uscita di FATE, a Novembre, forse si sono accorti (non solo i locali o i promoter, ma anche gli addetti ai lavori come Rockit o le radio più importanti) che qualcosa c'è.
E quindi, a detta vostra, qual è il pubblico in cui avete trovato più riscontro?
Andrea: Uno da podio è il Messico.
Alessandro (chitarrista): Sì, lì abbiamo una fanbase molto vivace. Così anche nell'Est-Europa, in particolare Russia e Ucraina. Il live è fondamentale, perché capisci l'importanza non solo della Musica che suoni, ma anche il modo in cui viene vissuta da chi è lì per vederti: se uno sta con l'occhio attento e braccia conserte per capire se canti qualcosa, oppure se è lì che ti aspetta da una vita e non vede l'ora che il concerto cominci. Alcune cose scatenato un certo tipo di energia. Quando c'è l'enfasi e la voglia di divertirsi sotto il palco, sopra succede di tutto e di più e la serata andrà benone. Dobbiamo molto a chi viene ai concerti, per divertirsi, stare bene e godersi la nostra Musica.
L'esperienza che non dimenticherete mai - se c'è stata.
Alessandro (chitarrista): Beh, ce ne sono tante di esperienze. Personalmente, il primo live in assoluto che abbian fatto all'estero, nel 2010 a Nizza. Mi ricordo che guidavo, e una volta arrivati a Sanremo mi son detto "Ma che cazzo sto facendo? Ma dove stiamo andando?". Non sapevamo nemmeno dove saremmo andati a dormire! Eravamo in contatto con questo gruppo francese che, dopo esserci scambiati un po' di complimenti su MySpace, ci hanno chiesto di andare dalle loro parti a suonare. Siamo arrivati in questo club bassissimo, in cui potevano starci tre/quattrocento persone, pieno, pubblico vario dal ragazzetto con la cresta al tizio in giacca e cravatta. C'è stato un preciso momento durante il live in cui c'era così tanta enfasi che mi son girato verso Andre e gli ho detto "Ma ci stan prendendo per il culo! Ma cosa sta succedendo?". Finito il live, dopo aver rotto di tutto, ci siamo abbracciati nel backstage perché era appena successo un qualcosa di inaspettatamente bello. Lo ritengo il momento che ha sancito l'inizio di qualcosa. Che poi si trattava di una data unica eh, siamo tornati in Italia il giorno dopo! Andrea e Alessandro (batterista): Sì, siamo d'accordo.
Alessandro (chitarrista): Fortunatamente ce ne sono capitate tante, di cose inaspettate. L'etichetta americana che ti contatta perché vuole produrti, finire su Pitchfork col primo lavoro e ti ritrovi nella stessa pagina di Thom Yorke, il tuo ep da quattro soldi recensito con 7 e mezzo. Ce ne son successe tante, sia belle che brutte, più belle fortunatamente.
Ho apprezzato molto la vostra cover di "Curami" dei CCCP: avete suonato e cantato rivisitandola secondo il vostro stile, mantenendo il giusto equilibrio con la versione originale. Secondo me è proprio così che si fa una cover. Detto ciò, qual è il vostro pensiero sulle cover/tribute band dei gruppi, che propongono sempre le stesse identiche versioni dei brani?
Andrea: Due cose: mi dispiace per loro perché non fanno un qualcosa di personale, bravi perché prendono i soldi (ride).
Alessandro (chitarrista): A me spaventa un pochino più l'idea di chi cerca di assistere a questo tipo di live, di chi non ha la curiosità di scoprire qualcosa di nuovo; piuttosto che andarsi a vedere il concertino carino sotto casa, uno cerca la cover band dell'artista che ti viene passato cento volte in radio, e fa gli stessi concerti cento volte. Mi piace essere positivo e pensare che le cose stanno cambiando. Però ecco, l'effetto cover band non lo vedo preoccupante per la cover band stessa ma per chi approva e va ai concerti. È una forma di accontentarsi e implica poca curiosità, difetto che affligge parte dell'Italia e parte delle serate in cui sei in Italia.
Alessandro (batterista): Io ho iniziato facendo cover degli Oasis. Ti lascia un po' così, vuoto: non è altro che la riproduzione tecnica di un brano, di tuo non c'è niente, e non è Musica tua. O fai la cover in un certo modo mettendoci un po' del tuo, altrimenti non c'è soddisfazione.
I peggiori nemici della Musica, secondo voi.
Andrea: La mentalità della gente, per come ragiona, per come si rapporta nelle varie serate e nell'andare a vedere un gruppo.
Alessandro (batterista): Suonare senza aver più la voglia e lo stimolo, farlo diventare solo un lavoro. Spero non accadrà mai, perché mi sentirei molto a disagio, non sarebbe più assolutamente la stessa cosa. Ti manca lo scatto di divertimento. E purtroppo c'è anche tanta invidia, tra i gruppi. C'è e ci sarà sempre, ed è una cosa che non ho mai sopportato.
L'influenza di Internet sul panorama musicale - sicuramente ha contribuito a creare un rapporto più rapido e diretto con la Musica, ma al tempo stesso è come se denigrasse il tutto: i negozi di Musica, purtroppo, stanno sempre di più scomparendo - e avere un CD, o un vinile, non è proprio la stessa cosa di scaricare file audio, che possono essere cancellati con un solo click. In più, è aumentata anche la superficialità nella conoscenza e nell'apprezzamento delle realtà musicali. Opinioni?
Alessandro (chitarrista): Internet è uno strumento che va saputo utilizzare, e a seconda di come lo fai puoi trarne sia dei vantaggi che, purtroppo, degli svantaggi. È come un'affettatrice. Internet è un'affettatrice. Sta a chi lo usa saperne fare buon uso, saper non farsi prendere dalla fretta e dalla quantità: è importante conoscere le cose un po' per volta, per approfondirle in modo migliore. Sicuramente Internet rende più difficile la lentezza: hai tutto subito e immediatamente, ti ascolti un album con disattenzione, saltando tracce in qua e in là.
Andrea: Non è colpa al 100% di Internet perché a sbagliare sono le persone a causa della loro mentalità. C'è della pigrizia di fondo che non è positiva.
Alessandro (chitarrista): C'è stato un periodo in cui avevo smesso di comprare CD. Poi ho ridato importanza alla cosa, soprattuto all'acquisto durante i live, unendo la scoperta del gruppo che sono andato a vedere al gesto del comprare la loro Musica. Se posso è la cosa più bella che possa fare, per me e per il gruppo.
State già buttando giù qualcosa per il vostro prossimo lavoro?
Alessandro (chitarrista): Sì, giusto ieri abbiamo finito un nuovo pezzo.
Andrea: C'è una grandissima voglia di fare cose nuove. Non che FATE sia vecchio, ma ha già sei/sette pezzi di undici mesi e i restanti di un anno e mezzo abbondante. Bisogna sempre stare al passo, senza essere forzato a farlo.
► Biografia ▲ FB ▼ Felte Sounds ◄
► Soundcloud ▲ Bandcamp ◄
Nessun commento:
Posta un commento