I Mosca Nella Palude sono Giovanni Belcari (voce), Giacomo Tongiani (batteria) e Daniele Belcari (chitarra), trio che si diverte a sperimentare le varie forme del Rock sotto l'etichetta discografica della Santa Valvola Records. Con questa intervista, Giovanni ci regala pensieri, opinioni, esperienze, raccontandoci anche dell'album d'esordio Ultrafuck. Che la lettura abbia inizio!
Recentemente avete suonato al Controsenso di Prato, in apertura ai Nausea Or Questra. Com'è andata la serata? Soddisfatti - o rimborsati?
Soddisfatti e anche rimborsati; cosa che, coi tempi che corrono, per band come la nostra, e nel circuito dei locali dove suoniamo, è quasi un inedito. La serata è stata strepitosa, locale ricolmo, ottimi feedback, spettacolo fantastico... Cavolo! Dovevi esser dei nostri...
Qual è l'ingrediente fondamentale perché un live riesca bene, a parer vostro?
L’amore. Sì è l’amore, cara mia, che mettiamo in quello che facciamo; del resto dimmi, se non hai il brivido freddo che corre giù per la schiena mentre gridi, o suoni, se mentre stai gridando guardi negli occhi di chi ti ascolta, ma non riesci a scuoterne l’anima dalle fondamenta, se alla fine di quella che è per noi, una vera performance fisica di sport estremo, non sei sudato marcio, e distrutto, allora non significa forse, che non hai amato quel live? Quel pubblico? Quel momento, e forse anche persino la tua musica?
(Foto di Angelica Gallorini)
Beh dipende con chi condividi il divano in quel momento (eheheh); ma confesso: poche cose mi hanno dato emozioni come l’ultimo concerto dei Pearl Jam, o vedere Chris Cornell ad un passo da me, o sentire la voce di Mike Patton mentre ne cercavo lo sguardo da sotto il palco.
Cosa combina la vostra Mosca Nella Palude? Come ci è finita?
Ahahah! Ma è naturale! È il suo habitat, la palude è un po’ la sua vocazione.. E della nostra musica la palude ne è stata un presagio: abbiamo iniziato due anni fa come crossover ninetees, ma il sound si è rapidamente e inaspettatamente evoluto in qualcosa di ben più tribale, feroce, e junglesco. Mosca Nella Palude è uno dei richiami più intuitivi, secondo noi, che potresti avere quando ci ascolti. Poi dentro questo nome confluiscono non solo le ispirazioni musicali, ma anche cinematografiche o letterarie. Del resto ascoltare Ultrafuck non può certo farti pensare al circolo di cucito del martedì pomeriggio, e anzi, spero si sentano i selvaggi che ti ansimano alle calcagna, tra una canzone e l’altra.
(Foto di Angelica Gallorini)
Ultrafuck è il vostro album di debutto: in che modo è nata questa giungla di Rock a momenti tribale, graffiante, più tranquillo, carico, imprevedibile?
Abbiamo cercato di far qualcosa che prima non c’era; almeno da noi, in Italia. So che apparirà presuntuoso, spocchioso o borioso a chi legge, ma tant’è. Del resto confesso, proponendo delle vecchie preproduzioni (vecchie si fa per dire, trattandosi sempre di roba del 2011), parlavamo con etichette che ci dicevano "Beh si, è buona roba, ma troppo anni 90’, troppo già sentito". Abbiamo dovuto spostare la verve creativa in un’altra area dei nostri cervelli per sopravvivere artisticamente, ma è stato un esercizio utile: abbiamo creato roba che non avrebbe altrimenti mai visto la luce, abbiamo sposato una filosofia compositiva e realizzativa diversa. Dovevamo in sostanza, ricreare la danza intorno al fuoco, il suono del legno percosso con furia omicida, il grido di rabbia dei canti di guerra, ma anche la quiete di un paesaggio notturno d’estate. E farlo suonare comunque... "Rock".
Ho visto un video su YouTube in cui Giovanni, il cantante, spiega che il vostro è un gruppo "virtuale": vi tenete in contatto tramite mail, elaborate i pezzi su Internet, per poi ritrovarvi ogni tanto in sala prove. Perché questa scelta? Non pensate che, agendo così, venga a mancare quella sincerità, spontaneità, immediatezza che si ha quando un gruppo si ritrova in sala prove per comporre e collaborare, dando vita alla Musica insieme, ascoltandosi e aiutandosi?
Hai ragione da vendere! Ma si è trattato di un must non c’era altra via che cedere a questo compromesso, pena la morte immediata della band: siamo musicisti che vivono ad un'ora e mezzo di auto di distanza. Mettici il lavoro, le famiglie. Senza la rete, Mosca Nella Palude non esisterebbe.
Di conseguenza, attraverso quale procedimento nasce un vostro pezzo? Proponete singolarmente le idee e ne discutete sempre via computer?
Ultrafuck è stato uno sforzo produttivo personale, ne ho curato personalmente la stesura dalla a alla z, ogni strumento, produzione, artwork eccetera. Ma è stato inevitabile farlo: del trio, il batterista è arrivato alle soglie delle riprese di registrazione, prendendo il testimone di Emanuele Fiordellisi, autentico mostro della batteria, adesso con unePassante, ed il chitarrista, mio cugggino, è arrivato dopo l’ennesima defezione, subito dopo la presentazione del disco.
(Foto di Angelica Gallorini)
Precedentemente ai Mosca Nella Palude suonavate in altri gruppi?
Solo Giacomo, batterista professionista, è anche membro dei June Miller, band di punta del post-rock italiano, appena tornato da un mega tour europeo, io e Daniele, il chitarrista, siamo i cazzoni della band... Suonavamo in gruppi cover grunge.
In conclusione, vi chiedo di descrivervi liberamente a livello di gruppo e di trovare la giusta espressione, secondo voi, per presentare la vostra Musica.
Noi siamo figli degli anni 90, fratelli degli anni "zero", padri della musica che proponiamo: musica nervosa, mix d’ancestralità ed elettronica, reazione muscolare e rabbiosa ad una prima decade musicalmente troppo fragile. Non troverete nulla ascoltandoci, di intellettualoide o autoreferenziale. La rotta per la nostra musica? Immagina di prendere un’autostrada , la A (nni) 90, poi esci e imbocca una mulattiera piena di buche, pensi di uscirne, e invece fori la macchina, entri in un bosco fitto ed e’ il tramonto; cominci a sentire ululati: getti il navigatore, non ti servirà. Cominci a correre, e speri che i cannibali non ti sbranino il culo. Ecco la nostra musica: dalle origini, ai cannibali.
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